Nome
Pozzo del Negrin
Data inserimento
2007-01-01 00:00:00
Data ultimo aggiornamento
2005-06-27 13:36:41
Litologia.
Il conglomerato in cui il pozzo si apre è costituito da una matrice marnosa grigio-scura avente un contenuto calcareo del 70% circa, inglobante elementi di ordine centimetrico (max. 7-10 cm) molto arrotondati.
Essi sono costituiti principalmente da calcari e calcari dolomitici grigio-marroncini, con elevato contenuto argilloso. L'insieme assume un colore giallastro per alterazione su perficiale.
Le proprietà meccaniche e la solidità del conglomerato decadono velocemente in presenza di acqua, per cedimento del cemento marnoso.
Idrologia.
La cavità-pozzo si presenta come un classico inghiottitoio, in cui spariscono le acque di precipitazione raccolte nell'alveo temporaneo del rio del Piano.
In condizioni normali è presente nella cavità solo un ridotto stillicidio diffuso.
In regime piovoso, l'acqua che percorre la cavità proveniente sia dal Camino delle Castagne (posizionati comunque sulla stessa frattura) sia dall'ingresso deve essere abbastanza imponente, viste le dimensioni e la quantità del materiale trasportato.
I depositi presenti al fondo, distribuiti su numerosi livelli, rilevano una deposizione lenta da parte delle acque.
E' probabile che il cunicolo finale e parte dell'ultimo pozzo vengano spesso riempiti dalle acque assorbite e che le stesse vengano poi drenate lentamente verso la risorgenza.
La causa del lento drenaggio è da attribuire ai depositi di argilla e alle parti insolubili del conglomerato accumulatesi al fondo.
La risorgenza del sistema Rio del Piano-Pozzo del Negrin è ipotizzata circa duecento metri più in basso, tra i massi del Rio Avi, piccolo affluente del torrente Borbera.
Attualmente non esistono indicazioni sull'esistenza di altri apporti idrici sotterranei al sistema.
Non è escluso che le acque raggiungano direttamente la falda acquifera attraverso un lento processo di diffusione nel conglomerato.
Speleogenesi e morfologia.
Tutti i vani sono impostati su diaclasi, probabilmente in relazione ad un fascio di fratture orientate SSO-NNE e SS-NO.
In generale, la morfologia dei vani è nettamente governata dalla diaclasi originaria: si hanno così alte forre, pozzi a sezione ellittica e subcircolare e gallerie a sezione molto arrotondata, nel punto in cui esse rimpiccioliscono di dimensione e le acque hanno pototo aggredire il conglomerato in ogni direzione.
La roccia si presenta, almeno nelle parti elevate del sistema, molto levigata: questo fa pensare all'azione di acque con elevato contenuto cinetico o a meccanismi aggressivi in grado di compensare le diverse velocità di erosione e solubilizzazione dei componenti il conglomerato.
In profondità questa fenomenologia non è confermabile, in quanto tutte le pareti sono ricoperte da depositi di fango.
E' quindi probabile che la genesi della cavità sia dovuta all'azione di acque incanalate dalle diaclasi presenti: acque in grado di disciogliere calcari e dolomie e di trasportare il residuo argilloso, se non addirittura parte della roccia disgregata.
Indipendentemente dalla possibilità di trasporto all'esterno, il residuo insolubile viene depositato dove la velocità delle acque si riduce drasticamente, cioè al fondo della grotta.
Processi litogenici.
La grotta presenta un ridotto concrezionamento, essenzialmente sotto forma di colate (Pozzo degli Occhiali) e piccole stalattiti (Camino delle Castagne).
Il fenomeno, in generale, diventa più marcato in prossimità di arrivi di acque.
Nelle parti profonde, purtroppo, i depositi di fango sulle pareti impediscono qualsiasi osservazione.
Descrizione L’accesso alla cavità avviene tramite un corto scivolo con fondo in terriccio e fogliame, molto viscido ed instabile.
Occorre ancorare la corda all'albero nelle vicinanze, servendosene come mancorrente sino al primo pozzo.
Per armare la cavità occorrono occorrono circa duecento metri di corda.
La cavità, data la natura della roccia, non permette armi su chiodi o spit, perciò è stata completamente armata con tubi di ferro zincati incastrati nelle pareti.
Occorre verificare scrupolosamente la posizione dei tubi prima di iniziare qualsiasi manovra. Durante le risalite è importante evitare sia di superare gli armi (tubi) senza essere già in sicura sul tratto di corda a monte sia di alterare la posizione dei tubi stessi!
La grotta presenta altre insidie insite nella natura conglomeratica della roccia e nella particolare funzione assorbente della cavità stessa.
Infatti, il distacco di ciottoli e massi, anche di dimensioni notevol, risulta poco prevedibile ed esiste la possibilità che in caso di forte precipitazione si venga sorpresi da una violenta piena, specialmente oltre il "Camino delle Castagne".
Infine, nella seconda parte della cavità l'abbondante fango crea problemi di progressione e può facilmente mandare in crisi gli attrezzi da risalita.
Dallo scivolo descritto in precedenza si accede alla prima parte sub-verticale della cavità, caratterizzata da una sequenza di brevi salti arrampicabili, ma è consigliabile una sicura sulla corda usata come mancorrente. Proseguendo, si incontrano alcune strettoie abbastanza agevoli su roccia liscia e resa viscida da un leggero velo d'acqua.
L'ultimo salto, di circa due metri, conduce alla sommità del pozzo principale: ancorata la corda ad un tubo (come per tutti i frazionamenti), si scende agevolmente la prima parte sino al ponte naturale che costringe a frazionare ancora e ad immettersi in una malagevole strettoia verticale lunga pochi metri, con roccia estremamente instabile.
Percorsa tale strettoia, si sbuca in un bel pozzo leggermente a campana, con sezione pressoché ellittica edi comoda percorrenza (Pozzo degli Occhiali).
Scendendo il Pozzo degli Occhiali si notano piccole colate calcitiche in corrispondenza degli sbocchi di anguste condotte impercorribili.
Un successivo salto di pochi metri conduce in una saletta caratterizzata dalla presenza di notevoli accumuli di detriti e fogliame che possono completamente ostruire, specialmente in seguito ad una piena, l'impegnativo restringimento lungo poco meno di due metri il quale immette alla severa strettoia da percorrere a piedi in avanti in discesa, onde evitare un’acrobatica manovra allo sbocco della stessa in una stretta e alta diaclasi molto fangosa.
Per rendere più agevole il ritorno conviene piazzare all'uscita del predetto restringimento uno spezzone di scaletta (bastano pochi scalini).
Percorsa la stretta diaclasi, un fangoso pozzetto di 5 metri conduce ad una minuta saletta formatasi in corrispondenza di un repentino cambio di orientamento della frattura. Sul soffitto sono presenti alcune stalattiti di modeste dimensioni.
Una breve risalita porta alla base della struttura verticale detta "Camino delle Castagne" per l'abbondante ritrovamento di tali frutti. Il camino è oggetto di forte stillicidio e presenta alcune belle colate calcitiche inglobanti detriti di ogni genere.
Da qui si avanza in ambienti fangosi (tanto per cambiare), inoltre il conglomerato risulta progressivamente sempre meno compatto man mano che aumenta la profondità.
Una stretta diaclasi interrotta da un salto arrampicabile porta ad una successione di tre pozzi, dei quali il maggiore è l'ultimo, di circa quindici metri.
I pozzi sono relativamente agevoli, ma occorre prestare attenzione nell'uscita, dato che gli armi sono posizionati molto in basso.
Tale situazione, purtroppo inevitabile, consiglia l'uso di staffe atte a facilitare le manovre di uscita-entrata ai pozzi, comunque sempre disagevoli ed acrobatiche per la scarsità di appigli affidabili e per il molto fango.
Alla base dell'ultimo pozzo, ingombro di notevoli depositi di fango, tramite un breve salto arrampicabile si accede al cunicolo terminale.
Le caratteristiche dei depositi sembrano rivelare una lenta deposizione da parte delle acque, visibile anche dai molteplici livelli presenti e riconoscibili.
Il Pozzo del Negrin termina in un angusto ambiente completamente ostruito da detriti e fango, a - 107 metri di profondità.
Altro,note Nota localmente da tempo immemorabile, nel 1978 fu discesa fino a -35 m da speleologi del gruppo "Issel" di Genova; nel 1986 gli speleologi di Acqui Terme ne raggiunsero il fondo.
Tratto da : Atlante delle grotte e delle aree carsiche piemontesi,
www.ggaspeleo.it Rilevo 1
Tipo di cavità
grotta
Stato
Italy
Provincia
183
Comune
Roccaforte Ligure
Località
Negrin
Numero catastale
10 Pi/Al
Sviluppo totale
149
Dislivello
-107 m
Longitudine
3° 25' 33'' W di M.Mario
Latitudine
44° 41' 31''
Quota
700 m slm
Cartografia
IGM 71 III SO
Geologia
La voragine si apre nei conglomerati della Val Borbera appartenenti alla formazione di Savignone (Oligocene); si tratta di una delle più profonde cavità italiane aprentisi nei conglomerati.Litologia.
Il conglomerato in cui il pozzo si apre è costituito da una matrice marnosa grigio-scura avente un contenuto calcareo del 70% circa, inglobante elementi di ordine centimetrico (max. 7-10 cm) molto arrotondati.
Essi sono costituiti principalmente da calcari e calcari dolomitici grigio-marroncini, con elevato contenuto argilloso. L'insieme assume un colore giallastro per alterazione su perficiale.
Le proprietà meccaniche e la solidità del conglomerato decadono velocemente in presenza di acqua, per cedimento del cemento marnoso.
Idrologia.
La cavità-pozzo si presenta come un classico inghiottitoio, in cui spariscono le acque di precipitazione raccolte nell'alveo temporaneo del rio del Piano.
In condizioni normali è presente nella cavità solo un ridotto stillicidio diffuso.
In regime piovoso, l'acqua che percorre la cavità proveniente sia dal Camino delle Castagne (posizionati comunque sulla stessa frattura) sia dall'ingresso deve essere abbastanza imponente, viste le dimensioni e la quantità del materiale trasportato.
I depositi presenti al fondo, distribuiti su numerosi livelli, rilevano una deposizione lenta da parte delle acque.
E' probabile che il cunicolo finale e parte dell'ultimo pozzo vengano spesso riempiti dalle acque assorbite e che le stesse vengano poi drenate lentamente verso la risorgenza.
La causa del lento drenaggio è da attribuire ai depositi di argilla e alle parti insolubili del conglomerato accumulatesi al fondo.
La risorgenza del sistema Rio del Piano-Pozzo del Negrin è ipotizzata circa duecento metri più in basso, tra i massi del Rio Avi, piccolo affluente del torrente Borbera.
Attualmente non esistono indicazioni sull'esistenza di altri apporti idrici sotterranei al sistema.
Non è escluso che le acque raggiungano direttamente la falda acquifera attraverso un lento processo di diffusione nel conglomerato.
Speleogenesi e morfologia.
Tutti i vani sono impostati su diaclasi, probabilmente in relazione ad un fascio di fratture orientate SSO-NNE e SS-NO.
In generale, la morfologia dei vani è nettamente governata dalla diaclasi originaria: si hanno così alte forre, pozzi a sezione ellittica e subcircolare e gallerie a sezione molto arrotondata, nel punto in cui esse rimpiccioliscono di dimensione e le acque hanno pototo aggredire il conglomerato in ogni direzione.
La roccia si presenta, almeno nelle parti elevate del sistema, molto levigata: questo fa pensare all'azione di acque con elevato contenuto cinetico o a meccanismi aggressivi in grado di compensare le diverse velocità di erosione e solubilizzazione dei componenti il conglomerato.
In profondità questa fenomenologia non è confermabile, in quanto tutte le pareti sono ricoperte da depositi di fango.
E' quindi probabile che la genesi della cavità sia dovuta all'azione di acque incanalate dalle diaclasi presenti: acque in grado di disciogliere calcari e dolomie e di trasportare il residuo argilloso, se non addirittura parte della roccia disgregata.
Indipendentemente dalla possibilità di trasporto all'esterno, il residuo insolubile viene depositato dove la velocità delle acque si riduce drasticamente, cioè al fondo della grotta.
Processi litogenici.
La grotta presenta un ridotto concrezionamento, essenzialmente sotto forma di colate (Pozzo degli Occhiali) e piccole stalattiti (Camino delle Castagne).
Il fenomeno, in generale, diventa più marcato in prossimità di arrivi di acque.
Nelle parti profonde, purtroppo, i depositi di fango sulle pareti impediscono qualsiasi osservazione.
Descrizione L’accesso alla cavità avviene tramite un corto scivolo con fondo in terriccio e fogliame, molto viscido ed instabile.
Occorre ancorare la corda all'albero nelle vicinanze, servendosene come mancorrente sino al primo pozzo.
Per armare la cavità occorrono occorrono circa duecento metri di corda.
La cavità, data la natura della roccia, non permette armi su chiodi o spit, perciò è stata completamente armata con tubi di ferro zincati incastrati nelle pareti.
Occorre verificare scrupolosamente la posizione dei tubi prima di iniziare qualsiasi manovra. Durante le risalite è importante evitare sia di superare gli armi (tubi) senza essere già in sicura sul tratto di corda a monte sia di alterare la posizione dei tubi stessi!
La grotta presenta altre insidie insite nella natura conglomeratica della roccia e nella particolare funzione assorbente della cavità stessa.
Infatti, il distacco di ciottoli e massi, anche di dimensioni notevol, risulta poco prevedibile ed esiste la possibilità che in caso di forte precipitazione si venga sorpresi da una violenta piena, specialmente oltre il "Camino delle Castagne".
Infine, nella seconda parte della cavità l'abbondante fango crea problemi di progressione e può facilmente mandare in crisi gli attrezzi da risalita.
Dallo scivolo descritto in precedenza si accede alla prima parte sub-verticale della cavità, caratterizzata da una sequenza di brevi salti arrampicabili, ma è consigliabile una sicura sulla corda usata come mancorrente. Proseguendo, si incontrano alcune strettoie abbastanza agevoli su roccia liscia e resa viscida da un leggero velo d'acqua.
L'ultimo salto, di circa due metri, conduce alla sommità del pozzo principale: ancorata la corda ad un tubo (come per tutti i frazionamenti), si scende agevolmente la prima parte sino al ponte naturale che costringe a frazionare ancora e ad immettersi in una malagevole strettoia verticale lunga pochi metri, con roccia estremamente instabile.
Percorsa tale strettoia, si sbuca in un bel pozzo leggermente a campana, con sezione pressoché ellittica edi comoda percorrenza (Pozzo degli Occhiali).
Scendendo il Pozzo degli Occhiali si notano piccole colate calcitiche in corrispondenza degli sbocchi di anguste condotte impercorribili.
Un successivo salto di pochi metri conduce in una saletta caratterizzata dalla presenza di notevoli accumuli di detriti e fogliame che possono completamente ostruire, specialmente in seguito ad una piena, l'impegnativo restringimento lungo poco meno di due metri il quale immette alla severa strettoia da percorrere a piedi in avanti in discesa, onde evitare un’acrobatica manovra allo sbocco della stessa in una stretta e alta diaclasi molto fangosa.
Per rendere più agevole il ritorno conviene piazzare all'uscita del predetto restringimento uno spezzone di scaletta (bastano pochi scalini).
Percorsa la stretta diaclasi, un fangoso pozzetto di 5 metri conduce ad una minuta saletta formatasi in corrispondenza di un repentino cambio di orientamento della frattura. Sul soffitto sono presenti alcune stalattiti di modeste dimensioni.
Una breve risalita porta alla base della struttura verticale detta "Camino delle Castagne" per l'abbondante ritrovamento di tali frutti. Il camino è oggetto di forte stillicidio e presenta alcune belle colate calcitiche inglobanti detriti di ogni genere.
Da qui si avanza in ambienti fangosi (tanto per cambiare), inoltre il conglomerato risulta progressivamente sempre meno compatto man mano che aumenta la profondità.
Una stretta diaclasi interrotta da un salto arrampicabile porta ad una successione di tre pozzi, dei quali il maggiore è l'ultimo, di circa quindici metri.
I pozzi sono relativamente agevoli, ma occorre prestare attenzione nell'uscita, dato che gli armi sono posizionati molto in basso.
Tale situazione, purtroppo inevitabile, consiglia l'uso di staffe atte a facilitare le manovre di uscita-entrata ai pozzi, comunque sempre disagevoli ed acrobatiche per la scarsità di appigli affidabili e per il molto fango.
Alla base dell'ultimo pozzo, ingombro di notevoli depositi di fango, tramite un breve salto arrampicabile si accede al cunicolo terminale.
Le caratteristiche dei depositi sembrano rivelare una lenta deposizione da parte delle acque, visibile anche dai molteplici livelli presenti e riconoscibili.
Il Pozzo del Negrin termina in un angusto ambiente completamente ostruito da detriti e fango, a - 107 metri di profondità.
Altro,note Nota localmente da tempo immemorabile, nel 1978 fu discesa fino a -35 m da speleologi del gruppo "Issel" di Genova; nel 1986 gli speleologi di Acqui Terme ne raggiunsero il fondo.
Tratto da : Atlante delle grotte e delle aree carsiche piemontesi,
www.ggaspeleo.it Rilevo 1
Lat:44.69280329N Lon:9.02615578E Datum:WGS84
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