Nome
Buca della Condotta
Data inserimento
2007-01-01 00:00:00
Data ultimo aggiornamento
2005-12-18 21:55:07
Essa si apre nel Canale dell'inferno (Turrite Secca) e fu scoperta dal Gruppo Speleologico Lucchese nel 1965. E' meta di numerose esplorazioni, a causa della sua complessità.
E' una grotta molto giovane, con pochissime concrezioni, periodicamente attiva nella sua parte terminale ed in alcune diramazioni. Il suo ingresso, raggiungibile in una ventina di minuti di cammino lungo un canale, si apre in uno scalino del torrente di cui è stata un importante inghiottitoio. Con una facile arrampicata si raggiunge il suo principale accesso, che prosegue in galleria per alcune decine di metri e che termina con una saletta di discrete proporzioni.
Descrizione Questa prima parte è chiaramente scavata dalle acque sotto pressione lungo un giunto di strato beante, fino al raggiungimento di una isolasi OE e numerose eteroclasi che hanno impostato la saletta terminale. La breve galleria che conduce a questa sala ha una notevole pendenza, relativa agli strati di calcare selcifero del Lias in cui è scavata. Ogni ulteriore proseguimento è impedito da un caos di blocchi e detriti di piccola dimensione, parte di natura graviclastica, parte dati dallo scavo di una galleria artificiale.
Infatti la prima parte della grotta è pressoché piena dei residui di scavo dell'alloggio della condotta forzata di acqua che sfocia alla centrale elettrica di Torrite.
In ogni modo, il resto della cavità è raggiungibile attraverso un cunicolo laterale della galleria d'ingresso, cunicolo a pressione su interstrato, che sfocia nella ''sala della condotta'', cosi chiamata poiché è qui che vediamo alcuni metri della tubazione di ferro prima menzionata. La ''Sala della Condotta'', abbastanza vasta, ha avuto origina anch'essa dalla diaclasi OE di cui ho parlato prima. Qui incontriamo tre diramazioni: una, artificiale, che risale per pochi metri lungo la condotta, ed un'altra che va in direzione della sala I (vedi rilievo) seguendo la diaclasi OE che si meandrizza.
Questa diramazione è tutta un caos di blocchi di riporto fluviale e termina con una pozza, generata da acqua di condensazione e percolazione,che si deposita in quel punto a causa del pavimento della galleria, reso pressoché impermiabile da argille. In questa diramazione vi sono alcuni conglomerati di ciottoli fluviali, cementati tra loro dal carbonato di calcio e dalle argille.
La terza diramazione, che è quella lungo la quale si sviluppa la grotta, è tutta scavata, fino al punto 3, nel calcare selcifero del Lias ed è impostata a scavo su interstrato sotto la pressione idrodinamica. Per diversi metri, cioè dal punto 2 al punto 3, la galleria è ingombra di detriti dello scavo artificiale, cessati questi, la morfologia della grotta torna ad essere evidente. La galleria ha notevole pendenza poiché segue l'inclinazione degli strati di selcifero, vicina ai 25°, che hanno immersione S e direzione OE.
In tutto il tratto 2-4 sono abbondanti le testate degli strati che hanno ceduto e si sono adagiate al suolo, numerosissime le marmitte di dissoluzione chimica, molte anche sventrate, con un diametro da 2 a 20 centimetri, riempite con ciottoli fluviali composti da marne, arenarie, scisti sericitici verdi e rossastri (scaglia rossa Toscana leggermente metamorfica) ed argille rosse.
Dovunque affiorano lame di selce, sia nera, sia metamorfica, bianca. In questa parte tutti i depositi fluviali sono di notevole dimensione (fino a 10 kg). Ogni tanto, lateralmente, sulle pareti, brevi cunicoli di dissoluzione lungo i giunti di strato beanti.
Nel punto 4 viene a mancare bruscamente il calcare selcifero del Lias e la grotta continua a svilupparsi nel calcare angulato della serie non metamorfica del Lias inferiore. Dal punto 4 al punto 7 la speleogenesi va facendosi piu interessante: anche qui la galleria è scavata in pressione su interstrato, ma, almeno fino al punto 6 troviamo una forma di galleria a T rovesciata. In genere questo profilo è tipico di una speleogenesi impostata su diaclasi e, successivamente, sul fondo, su giunto di strato; nel nostro caso, invece, si parte su interstrato, non beante, con acqua che scava a pressione (sul soffitto della volta si nota il primitivo profilo di erosione poi, per erosione gravitazionale, con acqua scorrente a pelo libero, cioè di tipo vadoso, si verifica un abbassamento del pavimento della galleria. A questo punto la base della galleria si amplia orizzontalmente, per il probabile raggiungimento del livello di base locale.
Adesso anche durante i periodi di attività, non si ha piu un ulteriore abbassamento del pavimento, a causa dell'ingente quantità di argille e sabbie che agiscono da tampone sulle litoclasi sottostanti e che isolano il calcare da una dissoluzione chimica. Ed è a questa altezza che la presenza di un giunto di strato beante ha assunto una funzione speleogenetica nettamente favorevole ad una erosione lungo l'orizzontale. Inizialmente, per fare la storia della cavità, l'azione dell'acqua è stata prevalentemente chimica, procedendo a dissoluzioni sempre piu rapide man mano che si allargavano le fratture e gli interstrati; successivamente, impostatasi una cavità embrionale, l'acqua non si mosse piu con lentezza, per capillarità, lungo la roccia, ma, costretta a scorrere con una certa velocità sotto la pressione delle acque ulteriormente sopraggiungenti prevalse l'erosione meccanica su quella chimica. Che la grotta si sia impostata su un substrato stratigraficamente e tettonicamente ben disposto, è fuori dubbio, in quanto sappiamo bene come il calcare angulato abbia la caratteristica di essere stratificatissimo ( ovunque sono distinguibili i giunti di strato riempiti di marne), ma anche le leptoclasi sono a profusione, sia libere, sia apparenti sotto forma di vene e venuzze calcitiche, o individuate da un fitto reticolo argilloso depositato da acque percolanti dopo dissoluzione di calcari impuri. Sappiamo che le leptoclasi sono imputabili a spinte orogenetiche e che si addensano nelle zone di maggior sollecitazione tettonica. Con tutti questi fattori concomitanti la grotta a potuto facilmente formarsi in tutti i suoi 840 metri di sviluppo orizzontale.
Ritorniamo alla morfologia del tratto 4-7. Nel punto 4 una colata concezionale di modeste dimensioni è in via di disfacimento; qua e la pozzette con ''latte di monte'' solidificato, misto ad argille, e grandi testate degli strali cadute al suolo, che costringono lo speleologo a vari contorcimenti. Ancora numerose le marmitte.
Man mano che si va verso il punto 7, cioè verso il fondo della grotta, la volta si abbassa, essendo qui la galleria, impostata solo su di un giunto di strato beante, finche non diventa impraticabile. In periodi di forti piogge, nel punto 7, la galleria sifoneggia.
Tornando indietro, fino al punto 5 troviamo un'ampia galleria che si allontana dalla principale che abbiamo appena percorso. Anch'essa scavata a pressione su interstrato; abbondantissime le leptoclasi.
Sul pavimento notiamo ingente quantitativo di sabbia fluviali ed argille. Sulle pareti moltissime ''scallops'' indicanti che stiamo risalendo un antico corso d'acqua, che andava a sfociare nella galleria principale. Ancora sulle pareti, tormentatissime da tutte le forme di erosione meccanica e chimica, troviamo lame e punti di maggior resistenza all'erosine, nonche segni di antichi paleolivelli dell'acqua. In corrispondenza di brusche svolte della galleria, troviamo la parte esterne della curva lisciata dall'acqua, quella interna ingombrata di ciottoli fluviali e sabbie cementate insieme dall'azione del carbonato di calcio. Per gallerie di questa ampiezza, in cui l'acqua ha avuto modo di scorrere per molto tempo a pelo libero, si può assumere questo torrente sotterraneo a torrente di superficie, e dire che qui, come nei fiumi all'esterno, nelle curve, il materiale formante il fondo mobile tende a scivolare obliquamente dalla sonda esterna, concava, a quella interna, convessa.
Nel tratto 5-8 troviamo due diramazioni: la prima è scavata a pressione facilmente percorribile per alcuni metri; poi, con una breve arrampicata, si raggiunge una saletta con un foro sulla volta. Questo foro funge da scaricatore di una vena acquifera. Quest'acqua si manifesta solo durante e dopo periodi di pioggia, mai dopo lunghe secche, quindi la si può pensare di origine meteorica, trattenuta dal manto vegetale e poi lasciata filtrare in profondità. Questa cattura di vena acquifera mi sembra dimostri come in rocce stratificate, solubili almeno in parte, si stabiliscano livelli di piu facile circolazione,dai quali le acque possono in parte riversarsi all'esterno e, in parte, attraverso fessure (o fori, nel nostro caso), raggiungere un nuovo sistema di fenditure facilmente percorribili. Questo piccolo corso d'acqua rende attiva l'ultima parte della grotta (dal punto 9 al punto 7), che funge da collettore, sia di quest'acqua, che di tutta quella di percolazione delle gallerie precedenti. Al punto 8 un altro bivio. La galleria conduce, attraverso percorsi intricati ed angusti, ad un'ampia sala, il cui soffitto è valutabile ad una quarantina di metri in altezza. Da metà di una delle pareti sgorga un violento getto d'acqua che proviene da un'ampia galleria. Non è stato possibile raggiungerla data la caratteristica strapiombante della parete. Notevole è la profusione di depositi fluviali e di blocchi clastici caduti sul pavimento. Qui riappaiono le selci bianche e nere, mentre la potenza degli strati di calcare angulato oscilla, come nel resto della grotta, dai 5 ai 10 centimetri. Bellissime le pareti della sala, dove sono visibili gli straterelli di calcare angulato alternati alle marne. Proseguendo ancora la grotta va a terminare con una diaclasi NS, non percorribile.
Tornando al punto 8 ed imboccando l'altra galleria, a sinistra, si risale per alcune decine di metri fino a raggiungere un'altra diramazione attiva, a sinistra anch'essa. Superata questa si risale uno scivolo sabbioso, si raggiunge un dosso e si prosegue scendendo.
Ma torniamo allo scivolo sabbioso: abbiamo prima paragonato il corso d'acqua ipogeo a quello epigeo, ed abbiamo supposto che, in qualche caso, essi abbiano le stesse caratteristiche. Ora, in un corso d'acqua epigeo, l'angolo limite di scarpata dei materiali sott'acqua è da 15 a 20 gradi. Il nostro scivolo è inclinato dai 25 ai 35 gradi, eppure vi è rimasta depositata la sabbia, pur non essendoci gradini ed anfrattuosità nel pavimento perfettamente liscio (è una galleria a pressione che non ha subito successivamente l'erosione gravitazionale).
La presenza di questo deposito si può spiegare tenendo conto dell'acqua che proveniva (e che proviene tuttora) dalla diramazione 12-8. Questa galleria è generata da un'altissima diaclasi impostata NS e terminante con una saletta che ha la morfologia di un pozzo di cascata e dal cui soffitto precipita fragorosamente un getto d'acqua, in una marmitta di discrete dimensioni. Quest'acqua si andava ad unire a quella proveniente dal tratto 13-14. Noi sappiamo che nei punti di confluenza, si ha spesso una diminuzione della capacità di trasporto per urto tra le due correnti, e ciò genera un deposito fluviale (sabbia nel nostro caso). Risalito lo scivolo,si raggiunge il dosso. A questo punto viene spontaneo il domandarci perche l'acqua risalisse, per poi scendere alle nostre spalle. Tutta la galleria che stiamo percorrendo è scavata a pressione su un giunto di strato, ma nel punto del dosso interviene anche una roccia eccezionalmente ben disposta tettonicamente, il che ha permesso un facile scavo anche contrario alla gravità.
E' in questo punto che si addensa il maggior numero di stalattiti, stalagmiti, e vene calcitiche di tutta la grotta. Siamo ormai vicini al fondo. Sulla nostra destra un cunicolo cieco, probabilmente generato da dissoluzione chimica; sul pavimento uno spesso strato di argille spezzettato in figure geometriche poligonali, conseguenza dell'essiccazione, ed infine una grande diaclasi OE, tutta concrezionato, che si meandrizza dopo pochi metri, sino a divenire impraticabile.
Tratto da:
ATTI DEL 1° CONGRESSO F.S.T. 1971
COMUNICAZIONE DI GIULIO BERNACCHI
(Gruppo Spleologico Lucchese)
Rilevo 1
Tipo di cavità
grotta
Stato
Italy
Provincia
230
Comune
Molazzana
Località
Canale dell'Inferno Fosso di Capricchia
Numero catastale
443 / t/ Lu
Sviluppo totale
1100
Dislivello
- 60
Gruppi
GSL
Longitudine
2°05'40'' W di M. Mario
Latitudine
44°05'15'' N
Quota
575 m slm
Cartografia
96 II SO
Itinerario di accesso
La grotta della Condotta è senza dubbio il piu interessante complesso carsico con caratteristiche di grotta orizzontale della zona in cui si trova.Essa si apre nel Canale dell'inferno (Turrite Secca) e fu scoperta dal Gruppo Speleologico Lucchese nel 1965. E' meta di numerose esplorazioni, a causa della sua complessità.
E' una grotta molto giovane, con pochissime concrezioni, periodicamente attiva nella sua parte terminale ed in alcune diramazioni. Il suo ingresso, raggiungibile in una ventina di minuti di cammino lungo un canale, si apre in uno scalino del torrente di cui è stata un importante inghiottitoio. Con una facile arrampicata si raggiunge il suo principale accesso, che prosegue in galleria per alcune decine di metri e che termina con una saletta di discrete proporzioni.
Descrizione Questa prima parte è chiaramente scavata dalle acque sotto pressione lungo un giunto di strato beante, fino al raggiungimento di una isolasi OE e numerose eteroclasi che hanno impostato la saletta terminale. La breve galleria che conduce a questa sala ha una notevole pendenza, relativa agli strati di calcare selcifero del Lias in cui è scavata. Ogni ulteriore proseguimento è impedito da un caos di blocchi e detriti di piccola dimensione, parte di natura graviclastica, parte dati dallo scavo di una galleria artificiale.
Infatti la prima parte della grotta è pressoché piena dei residui di scavo dell'alloggio della condotta forzata di acqua che sfocia alla centrale elettrica di Torrite.
In ogni modo, il resto della cavità è raggiungibile attraverso un cunicolo laterale della galleria d'ingresso, cunicolo a pressione su interstrato, che sfocia nella ''sala della condotta'', cosi chiamata poiché è qui che vediamo alcuni metri della tubazione di ferro prima menzionata. La ''Sala della Condotta'', abbastanza vasta, ha avuto origina anch'essa dalla diaclasi OE di cui ho parlato prima. Qui incontriamo tre diramazioni: una, artificiale, che risale per pochi metri lungo la condotta, ed un'altra che va in direzione della sala I (vedi rilievo) seguendo la diaclasi OE che si meandrizza.
Questa diramazione è tutta un caos di blocchi di riporto fluviale e termina con una pozza, generata da acqua di condensazione e percolazione,che si deposita in quel punto a causa del pavimento della galleria, reso pressoché impermiabile da argille. In questa diramazione vi sono alcuni conglomerati di ciottoli fluviali, cementati tra loro dal carbonato di calcio e dalle argille.
La terza diramazione, che è quella lungo la quale si sviluppa la grotta, è tutta scavata, fino al punto 3, nel calcare selcifero del Lias ed è impostata a scavo su interstrato sotto la pressione idrodinamica. Per diversi metri, cioè dal punto 2 al punto 3, la galleria è ingombra di detriti dello scavo artificiale, cessati questi, la morfologia della grotta torna ad essere evidente. La galleria ha notevole pendenza poiché segue l'inclinazione degli strati di selcifero, vicina ai 25°, che hanno immersione S e direzione OE.
In tutto il tratto 2-4 sono abbondanti le testate degli strati che hanno ceduto e si sono adagiate al suolo, numerosissime le marmitte di dissoluzione chimica, molte anche sventrate, con un diametro da 2 a 20 centimetri, riempite con ciottoli fluviali composti da marne, arenarie, scisti sericitici verdi e rossastri (scaglia rossa Toscana leggermente metamorfica) ed argille rosse.
Dovunque affiorano lame di selce, sia nera, sia metamorfica, bianca. In questa parte tutti i depositi fluviali sono di notevole dimensione (fino a 10 kg). Ogni tanto, lateralmente, sulle pareti, brevi cunicoli di dissoluzione lungo i giunti di strato beanti.
Nel punto 4 viene a mancare bruscamente il calcare selcifero del Lias e la grotta continua a svilupparsi nel calcare angulato della serie non metamorfica del Lias inferiore. Dal punto 4 al punto 7 la speleogenesi va facendosi piu interessante: anche qui la galleria è scavata in pressione su interstrato, ma, almeno fino al punto 6 troviamo una forma di galleria a T rovesciata. In genere questo profilo è tipico di una speleogenesi impostata su diaclasi e, successivamente, sul fondo, su giunto di strato; nel nostro caso, invece, si parte su interstrato, non beante, con acqua che scava a pressione (sul soffitto della volta si nota il primitivo profilo di erosione poi, per erosione gravitazionale, con acqua scorrente a pelo libero, cioè di tipo vadoso, si verifica un abbassamento del pavimento della galleria. A questo punto la base della galleria si amplia orizzontalmente, per il probabile raggiungimento del livello di base locale.
Adesso anche durante i periodi di attività, non si ha piu un ulteriore abbassamento del pavimento, a causa dell'ingente quantità di argille e sabbie che agiscono da tampone sulle litoclasi sottostanti e che isolano il calcare da una dissoluzione chimica. Ed è a questa altezza che la presenza di un giunto di strato beante ha assunto una funzione speleogenetica nettamente favorevole ad una erosione lungo l'orizzontale. Inizialmente, per fare la storia della cavità, l'azione dell'acqua è stata prevalentemente chimica, procedendo a dissoluzioni sempre piu rapide man mano che si allargavano le fratture e gli interstrati; successivamente, impostatasi una cavità embrionale, l'acqua non si mosse piu con lentezza, per capillarità, lungo la roccia, ma, costretta a scorrere con una certa velocità sotto la pressione delle acque ulteriormente sopraggiungenti prevalse l'erosione meccanica su quella chimica. Che la grotta si sia impostata su un substrato stratigraficamente e tettonicamente ben disposto, è fuori dubbio, in quanto sappiamo bene come il calcare angulato abbia la caratteristica di essere stratificatissimo ( ovunque sono distinguibili i giunti di strato riempiti di marne), ma anche le leptoclasi sono a profusione, sia libere, sia apparenti sotto forma di vene e venuzze calcitiche, o individuate da un fitto reticolo argilloso depositato da acque percolanti dopo dissoluzione di calcari impuri. Sappiamo che le leptoclasi sono imputabili a spinte orogenetiche e che si addensano nelle zone di maggior sollecitazione tettonica. Con tutti questi fattori concomitanti la grotta a potuto facilmente formarsi in tutti i suoi 840 metri di sviluppo orizzontale.
Ritorniamo alla morfologia del tratto 4-7. Nel punto 4 una colata concezionale di modeste dimensioni è in via di disfacimento; qua e la pozzette con ''latte di monte'' solidificato, misto ad argille, e grandi testate degli strali cadute al suolo, che costringono lo speleologo a vari contorcimenti. Ancora numerose le marmitte.
Man mano che si va verso il punto 7, cioè verso il fondo della grotta, la volta si abbassa, essendo qui la galleria, impostata solo su di un giunto di strato beante, finche non diventa impraticabile. In periodi di forti piogge, nel punto 7, la galleria sifoneggia.
Tornando indietro, fino al punto 5 troviamo un'ampia galleria che si allontana dalla principale che abbiamo appena percorso. Anch'essa scavata a pressione su interstrato; abbondantissime le leptoclasi.
Sul pavimento notiamo ingente quantitativo di sabbia fluviali ed argille. Sulle pareti moltissime ''scallops'' indicanti che stiamo risalendo un antico corso d'acqua, che andava a sfociare nella galleria principale. Ancora sulle pareti, tormentatissime da tutte le forme di erosione meccanica e chimica, troviamo lame e punti di maggior resistenza all'erosine, nonche segni di antichi paleolivelli dell'acqua. In corrispondenza di brusche svolte della galleria, troviamo la parte esterne della curva lisciata dall'acqua, quella interna ingombrata di ciottoli fluviali e sabbie cementate insieme dall'azione del carbonato di calcio. Per gallerie di questa ampiezza, in cui l'acqua ha avuto modo di scorrere per molto tempo a pelo libero, si può assumere questo torrente sotterraneo a torrente di superficie, e dire che qui, come nei fiumi all'esterno, nelle curve, il materiale formante il fondo mobile tende a scivolare obliquamente dalla sonda esterna, concava, a quella interna, convessa.
Nel tratto 5-8 troviamo due diramazioni: la prima è scavata a pressione facilmente percorribile per alcuni metri; poi, con una breve arrampicata, si raggiunge una saletta con un foro sulla volta. Questo foro funge da scaricatore di una vena acquifera. Quest'acqua si manifesta solo durante e dopo periodi di pioggia, mai dopo lunghe secche, quindi la si può pensare di origine meteorica, trattenuta dal manto vegetale e poi lasciata filtrare in profondità. Questa cattura di vena acquifera mi sembra dimostri come in rocce stratificate, solubili almeno in parte, si stabiliscano livelli di piu facile circolazione,dai quali le acque possono in parte riversarsi all'esterno e, in parte, attraverso fessure (o fori, nel nostro caso), raggiungere un nuovo sistema di fenditure facilmente percorribili. Questo piccolo corso d'acqua rende attiva l'ultima parte della grotta (dal punto 9 al punto 7), che funge da collettore, sia di quest'acqua, che di tutta quella di percolazione delle gallerie precedenti. Al punto 8 un altro bivio. La galleria conduce, attraverso percorsi intricati ed angusti, ad un'ampia sala, il cui soffitto è valutabile ad una quarantina di metri in altezza. Da metà di una delle pareti sgorga un violento getto d'acqua che proviene da un'ampia galleria. Non è stato possibile raggiungerla data la caratteristica strapiombante della parete. Notevole è la profusione di depositi fluviali e di blocchi clastici caduti sul pavimento. Qui riappaiono le selci bianche e nere, mentre la potenza degli strati di calcare angulato oscilla, come nel resto della grotta, dai 5 ai 10 centimetri. Bellissime le pareti della sala, dove sono visibili gli straterelli di calcare angulato alternati alle marne. Proseguendo ancora la grotta va a terminare con una diaclasi NS, non percorribile.
Tornando al punto 8 ed imboccando l'altra galleria, a sinistra, si risale per alcune decine di metri fino a raggiungere un'altra diramazione attiva, a sinistra anch'essa. Superata questa si risale uno scivolo sabbioso, si raggiunge un dosso e si prosegue scendendo.
Ma torniamo allo scivolo sabbioso: abbiamo prima paragonato il corso d'acqua ipogeo a quello epigeo, ed abbiamo supposto che, in qualche caso, essi abbiano le stesse caratteristiche. Ora, in un corso d'acqua epigeo, l'angolo limite di scarpata dei materiali sott'acqua è da 15 a 20 gradi. Il nostro scivolo è inclinato dai 25 ai 35 gradi, eppure vi è rimasta depositata la sabbia, pur non essendoci gradini ed anfrattuosità nel pavimento perfettamente liscio (è una galleria a pressione che non ha subito successivamente l'erosione gravitazionale).
La presenza di questo deposito si può spiegare tenendo conto dell'acqua che proveniva (e che proviene tuttora) dalla diramazione 12-8. Questa galleria è generata da un'altissima diaclasi impostata NS e terminante con una saletta che ha la morfologia di un pozzo di cascata e dal cui soffitto precipita fragorosamente un getto d'acqua, in una marmitta di discrete dimensioni. Quest'acqua si andava ad unire a quella proveniente dal tratto 13-14. Noi sappiamo che nei punti di confluenza, si ha spesso una diminuzione della capacità di trasporto per urto tra le due correnti, e ciò genera un deposito fluviale (sabbia nel nostro caso). Risalito lo scivolo,si raggiunge il dosso. A questo punto viene spontaneo il domandarci perche l'acqua risalisse, per poi scendere alle nostre spalle. Tutta la galleria che stiamo percorrendo è scavata a pressione su un giunto di strato, ma nel punto del dosso interviene anche una roccia eccezionalmente ben disposta tettonicamente, il che ha permesso un facile scavo anche contrario alla gravità.
E' in questo punto che si addensa il maggior numero di stalattiti, stalagmiti, e vene calcitiche di tutta la grotta. Siamo ormai vicini al fondo. Sulla nostra destra un cunicolo cieco, probabilmente generato da dissoluzione chimica; sul pavimento uno spesso strato di argille spezzettato in figure geometriche poligonali, conseguenza dell'essiccazione, ed infine una grande diaclasi OE, tutta concrezionato, che si meandrizza dopo pochi metri, sino a divenire impraticabile.
Tratto da:
ATTI DEL 1° CONGRESSO F.S.T. 1971
COMUNICAZIONE DI GIULIO BERNACCHI
(Gruppo Spleologico Lucchese)
Rilevo 1
Lat:44.08835872N Lon:10.35760272E Datum:WGS84
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