Nome
Abisso Fantini (Abisso del Monte Rontana, Abisso di Pilato)
Data inserimento
2007-01-01 00:00:00
Data ultimo aggiornamento
2005-12-20 14:37:18
ABISSO GARIBALDI: lungo il sentiero che percorre, in costa, il lato ovest della dolina del Fantini; tenendo la sinistra si giunge in vista di un'ampia dolina, sul cui fondo si apre l'abisso. Descrizione ABISSO FANTINI: fino al ''Fondo Mornig'' l'Abisso Fantini è tra le grotte più frequentate della regione. Viene spesso utilizzato per corsi di speleologia ed esercitazioni di soccorso. In questa prima parte i pozzi sono facilmente percorribili e ben chiodati, le strettoie sono agevoli ed il fango è praticamente assente.
L'ingresso, situato sul fianco settentrionale di una vasta e profonda dolina a fondo piatto ubicata a NW di Monte Rontana e conosciuta con il nome di "Catino di Pilato", si presenta come una larga spaccatura allungata in direzione SSW-NNE, profonda circa 5m e superabile in libera o meglio con l'aiuto di un cordino. Alla base si apre una cavernetta dalla quale si prosegue verso sinistra in una galleria lunga una quindicina di metri che si sviluppa in direzione N, sul cui soffitto, alto circa 2 m, risaltano con evidenza dei canali di volta. Al termine, dove la galleria assume un aspetto meandriforme, si scende un saltino di un paio di metri che dà accesso ad un piccolo ambiente (punto 7 ril.); da qui si dipartono due vie: di fronte, in leggera salita prima e con uno scivolo argilloso poi, ha inizio la cosiddetta "Via ignota" (sulla quale si ritornerà in seguito), mentre sulla destra si sviluppa la "Via normale", più facile della precedente.
A pochi metri dal centro della saletta inizia una serie di pozzi impostati lungo lineazioni strutturali, fra le quali riveste un ruolo fondamentale un'ampia diaclasi avente direzione SW-NE, strettamente correlate al locale assetto ed alle caratteristiche dei banchi interessati dal carsismo, che nell'area di Rontana hanno un'immersione NE con una pendenza di 60°.
Tale serie di pozzi a cascata, scavata dall'ingente massa d'acqua che in passato precipitava fino alla profondità di un'ottantina di metri, permette di raggiungere velocemente le gallerie ad andamento sub-orizzontale, coincidenti col locale livello di base, che si sviluppano a partire dal fondo dell'ultimo di essi. Non esistendo meccanismi speleogenetici in grado di carsificare le rocce gessose nella zona satura, le cavità carsiche che vi si aprono arrestano infatti il loro sviluppo verticale alla quota del livello di base o pochi metri sotto di esso (Calaforra et al., 1992).
Il primo pozzo della "Via normale" (P. 17), terrazzato e con un diametro di circa m 1,5, è ornato da numerose formazioni stalattitiche e concrezioni calcaree; nella parte inferiore si trova inoltre una bella lama di alabastro quasi completamente staccata dalla parete gessosa a cristalli fortemente corrosi, la cui genesi - come quella delle normali concrezioni dei "gessi" romagnoli e bolognesi - costituisce un problema superabile, secondo Forti & Rabbi (1981), solo ammettendo che la deposizione del carbonato di calcio in simili casi sia essenzialmente controllata dall'anidride carbonica disciolta nelle acque di infiltrazione, deposizione che comporta contemporaneamente una solubilizzazione accessoria di gesso a causa di meccanismi ipercarsici (Cigna, 1983).
Un ballatoio di piccole dimensioni divide il P. 17 dal successivo P. 10 (punto 11 ril.), il quale può essere considerato la continuazione del precedente, possedendo tra l'altro le medesime caratteristiche morfologiche.
Dal ballatoio, tramite una delicata traversata e una non facile risalita, è possibile raggiungere una saletta dalla quale parte una serie di pozzi impostata lungo la stessa diaclasi dei precedenti e che più oltre si ricongiunge alla "Via normale" (tratto 13A - 13H ril.).
Alla base del P. 10, fra pareti cristalline levigate e pulitissime, ha inizio una successione di piccoli salti pavimentati da viscide incrostazioni alabastrine di tipo mammellonare: qui può essere utile un cordino di un decina di metri. Alla loro base vi è l'attacco del primo dei due pozzi profondi 6 metri; sul fondo si apre una saletta con grossi massi seguita da un corto meandro che si affaccia con un salto di circa 2 metri, che a sua volta precede l'ultimo pozzo, il secondo P. 6.
Si giunge in tal modo ad uno stretto ed alto meandro, sulle cui pareti si possono osservare grossi cristalli di gesso geminati a ferro di lancia. Proseguendo, la volta si abbassa fino a raggiungere un'ultima curva che sulla destra immette nel passaggio significativamente denominato da Mornig "Penitenza" (punto 29 ril.): si tratta di un cunicolo ad andamento sinuoso, a sezione ellittica, alto circa 35-40 cm e largo mezzo metro, vero e proprio condotto singenetico che venne scavato dalle acque convogliate dalla serie di pozzi della "Via normale". La singolare morfologia - uno dei non comuni esempi di speleogenesi in ambiente impropriamente definito "freatico" (Sauro et al., 1995) nei gessi emiliano-romagnoli, sembra essere stata condizionata dalla presenza di litoclasi, oltre che dalla già ricordata impossibilità pratica del carsismo nelle rocce gessose di spingersi sotto la zona di saturazione. In questo caso non sembra infatti ci si trovi in presenza di una forma "pseudo-freatica" - ossia modificata da processi paragenetici - come le gallerie sub-circolari ed i canali di volta, che secondo Forti (1991) in realtà non si sono sviluppati in zona "freatica", ma sono tratti di grotta evolutisi in zona vadosa che, per motivi strutturali o idrodinamici locali, anche per lunghi periodi sono stati completamente allagati.
Nel "Passaggio della penitenza" si avverte distintamente una corrente d'aria, di debole intensità prima che fosse aperto il collegamento con l'Abisso Garibaldi, ma ora talvolta anche forte.
Superata la strettoia, si avanza in leggera discesa fino all'innesto della "Via ignota", posto sulla sinistra (punto 36 ril.) e si procede poi percorrendo un nuovo meandro, al quale segue una galleria inizialmente comoda e asciutta, ma interrotta dopo una quarantina di metri da una frana di consistenti dimensioni. La si supera risalendola frontalmente e discendendo poi in uno stretto ambiente il quale, dopo pochi metri, immette in una saletta delimitata da grossi massi di gesso tra i quali è necessario infilarsi, sulla sinistra, per proseguire.
Percorsi pochi metri si raggiunge l'unica acqua canalizzata della grotta, che sgorga da una fenditura alla base della parete di sinistra (punto 61 ril.): si tratta dell'innesto del cunicolo che collega l'Abisso Garibaldi all'Abisso Fantini.
Si segue ora il corso del ruscello, percorrendo una galleria dal fondo cosparso di ciottoli dalle dimensioni eterogenee e dal cui basso soffitto pende, fino a lambire le acque, una grande stalattite purtroppo deturpata da qualche speleologo poco rispettoso. Si giunge ad un punto in cui il rigagnolo defluisce fra altri blocchi di gesso in frana, ma è possibile evitare un bagno deviando in un diverticolo che sulla destra aggira l'ostacolo ed immette immediatamente nella saletta caratterizzata da spessi riempimenti di argilla, per oltre cinquant'anni considerata il terminale dell'Abisso ("Fondo Mornig", punto 80 ril.) in quanto le acque canalizzate scomparivano in fessure ritenute impraticabili fino ai lavori di disostruzione eseguiti ad iniziare dal 1987.
Da qui il percorso si fa, in genere, più difficile, soprattutto per la presenza di numerose strettoie, mai estreme, ma spesso bagnate.
Superata una galleria in frana si procede lungo uno scomodo cunicolo percorso dal torrente e reso impegnativo da alcune strettoie. Più oltre si giunge ad una condotta dal fondo cosparso di massi, dove si procede carponi. Lasciato il torrente, che scompare in una stretta fenditura (punto 103 ril.), si supera, dopo qualche metro, una strettoia e si giunge ad una galleria fossile comodamente percorribile. Procedendo lungo la stessa, si torna sul torrente che esce da una fessura sulla destra (punto 114 ril.). Immediatamente la volta si abbassa, la galleria resta larga alcuni metri, ma si deve procedere strisciando. Da notare la presenza di un esile rivolo d'acqua che subito si immette nel torrente principale (punto 118 ril.); la relativa vicinanza, in pianta, con la ''Grotta del parcheggio'' fa supporre un nesso con questa piccola cavità.
Superata una strettoia, resa particolarmente sgradevole dalla presenza di acqua, si prosegue più comodamente fino alla saletta terminale, dove il torrente scompare tra i massi (punto133 ril.). Da qui è stata effettuata una risalita con l'uso del palo telescopico. Superati due camini ed alcuni brevi salti si giunge ad una condotta con aria (ingresso basso) che progressivamente si restringe fino a chè un grosso masso impedisce il passaggio (punto 213 ril.). Non è da escludere un collegamento con un pozzo in frana, disostruito per alcuni metri ed ubicato nella dolina subito a sud dell'Abisso Faenza.
"Via Ignota"
Fu così chiamata perché, prima dell'esplorazione effettuata nel 1956 dal G.S. Faentino, nessuno l'aveva mai percorsa. Questo ramo, almeno nella parte iniziale comprendente i primi due pozzi, è interessato da un intenso stillicidio; in passato comunque la circolazione idrica doveva essere molto più intensa, essendo responsabile tra l'altro della ablazione delle intercalazioni argillose da cui sembra abbia avuto origine buona parte del fango allo stato colloidale. Ad eccezione del tratto terminale non è in atto alcun processo di concrezionamento. In pianta si presenta come un grande arco che si protende dapprima a N e quindi volge a E per congiungersi infine alla "Via normale". Inizia pochi metri prima della serie di pozzi di quest'ultima con una galleria abbastanza larga ed alta in leggera salita, cui segue un ripidissimo scivolo che dà accesso ad un'ampia sala (punto 142 ril.), da dove si prosegue in forte discesa.
Dopo un primo salto di pochi metri, superabile con l'aiuto di un cordino, si percorre una fenditura alta ma stretta e sinuosa, il cui pavimento è invaso da fango liquido. Seguono due pozzi, il primo dei quali profondo m 8 è diaframmato da uno sperone di roccia; sul fondo si decantano le acque di percolazione e su un lato una stretta fenditura che si apre a foggia di finestra immette al pozzo successivo. Quest'ultimo, profondo m 15, ha la morfologia di un cilindro perfettamente verticale, dalle pareti levigatissime; alla sua base l'acqua scorre con difficoltà incanalandosi in una frattura. Da questo punto la grotta diviene perfettamente asciutta.
Segue una lunga fenditura e dopo un ripido salto (punto 159 ril.) che si scende preferibilmente con l'aiuto di una corda, inizia un meandro molto alto e stretto, le cui pareti sono incrostate da cristalli di selenite e da efflorescenze di gesso botroidale. Il meandro si restringe e si abbassa progressivamente fino a trasformarsi in un budello, in origine incredibilmente angusto e perciò estremamente impegnativo, ma oggi reso artificialmente più agevole (punto 165 ril.), che mediante uno strettissimo passaggio immette in un cunicolo che si collega alla "Via normale" (punto 36 ril.).
Giampaolo Costa
Roberto Evilio
Piero Lucci Scheda d'armo
Altro,note
Esplorazioni
All'inizio degli anni Trenta Luigi Fantini individua l'ingresso ed esplora i primi metri della cavità che in seguito prenderà il suo nome.
Nel 1934 Giovanni Bertini Mornig raggiunge il fondo a -100.
Nel 1956 riprendono le esplorazioni: il G. S. Faentino percorre la ''Via ignota''.
Nel 1972 sempre il G. S. Faentino esplora i primi metri della Grotta a nord dell'Abisso Fantini.
Nel 1987 il G. S. Faentino forza il punto estremo raggiunto da Mornig nell'Abisso Fantini avanzando per circa 50 metri.
Nel 1988 lo Speleo GAM, allargata la stretta diaclasi sul fondo della Grotta a nord dell'Abisso Fantini, esplora 400 metri di nuovi ambienti che, nello stesso anno, collega all'Abisso Fantini.
L'anno seguente, sempre lo Speleo GAM, esplora altri 300 metri di nuove gallerie a partire dal limite raggiunto nel 1987 dal G. S. Faentino. Rilevo 1
Tipo di cavità
grotta
Stato
Italy
Provincia
257
Comune
Brisighella
Località
Rontana
Numero catastale
ER RA 121
Dislivello
-117 m
Longitudine
11° 44' 34" 85 E
Latitudine
44° 13' 26" 15 N
Quota
m 426 slm
Cartografia
C.T.R. 1:5000: 239132 - Fognano
Geologia
Area carsica: VDGRC
Itinerario di accesso
ABISSO FANTINI: Facendo riferimento al Buco della Croce, sul fianco settentrionale della vasta dolina a fondo piatto (Catino di Pilato), 200 metri a NW di Monte Rontana.ABISSO GARIBALDI: lungo il sentiero che percorre, in costa, il lato ovest della dolina del Fantini; tenendo la sinistra si giunge in vista di un'ampia dolina, sul cui fondo si apre l'abisso. Descrizione ABISSO FANTINI: fino al ''Fondo Mornig'' l'Abisso Fantini è tra le grotte più frequentate della regione. Viene spesso utilizzato per corsi di speleologia ed esercitazioni di soccorso. In questa prima parte i pozzi sono facilmente percorribili e ben chiodati, le strettoie sono agevoli ed il fango è praticamente assente.
L'ingresso, situato sul fianco settentrionale di una vasta e profonda dolina a fondo piatto ubicata a NW di Monte Rontana e conosciuta con il nome di "Catino di Pilato", si presenta come una larga spaccatura allungata in direzione SSW-NNE, profonda circa 5m e superabile in libera o meglio con l'aiuto di un cordino. Alla base si apre una cavernetta dalla quale si prosegue verso sinistra in una galleria lunga una quindicina di metri che si sviluppa in direzione N, sul cui soffitto, alto circa 2 m, risaltano con evidenza dei canali di volta. Al termine, dove la galleria assume un aspetto meandriforme, si scende un saltino di un paio di metri che dà accesso ad un piccolo ambiente (punto 7 ril.); da qui si dipartono due vie: di fronte, in leggera salita prima e con uno scivolo argilloso poi, ha inizio la cosiddetta "Via ignota" (sulla quale si ritornerà in seguito), mentre sulla destra si sviluppa la "Via normale", più facile della precedente.
A pochi metri dal centro della saletta inizia una serie di pozzi impostati lungo lineazioni strutturali, fra le quali riveste un ruolo fondamentale un'ampia diaclasi avente direzione SW-NE, strettamente correlate al locale assetto ed alle caratteristiche dei banchi interessati dal carsismo, che nell'area di Rontana hanno un'immersione NE con una pendenza di 60°.
Tale serie di pozzi a cascata, scavata dall'ingente massa d'acqua che in passato precipitava fino alla profondità di un'ottantina di metri, permette di raggiungere velocemente le gallerie ad andamento sub-orizzontale, coincidenti col locale livello di base, che si sviluppano a partire dal fondo dell'ultimo di essi. Non esistendo meccanismi speleogenetici in grado di carsificare le rocce gessose nella zona satura, le cavità carsiche che vi si aprono arrestano infatti il loro sviluppo verticale alla quota del livello di base o pochi metri sotto di esso (Calaforra et al., 1992).
Il primo pozzo della "Via normale" (P. 17), terrazzato e con un diametro di circa m 1,5, è ornato da numerose formazioni stalattitiche e concrezioni calcaree; nella parte inferiore si trova inoltre una bella lama di alabastro quasi completamente staccata dalla parete gessosa a cristalli fortemente corrosi, la cui genesi - come quella delle normali concrezioni dei "gessi" romagnoli e bolognesi - costituisce un problema superabile, secondo Forti & Rabbi (1981), solo ammettendo che la deposizione del carbonato di calcio in simili casi sia essenzialmente controllata dall'anidride carbonica disciolta nelle acque di infiltrazione, deposizione che comporta contemporaneamente una solubilizzazione accessoria di gesso a causa di meccanismi ipercarsici (Cigna, 1983).
Un ballatoio di piccole dimensioni divide il P. 17 dal successivo P. 10 (punto 11 ril.), il quale può essere considerato la continuazione del precedente, possedendo tra l'altro le medesime caratteristiche morfologiche.
Dal ballatoio, tramite una delicata traversata e una non facile risalita, è possibile raggiungere una saletta dalla quale parte una serie di pozzi impostata lungo la stessa diaclasi dei precedenti e che più oltre si ricongiunge alla "Via normale" (tratto 13A - 13H ril.).
Alla base del P. 10, fra pareti cristalline levigate e pulitissime, ha inizio una successione di piccoli salti pavimentati da viscide incrostazioni alabastrine di tipo mammellonare: qui può essere utile un cordino di un decina di metri. Alla loro base vi è l'attacco del primo dei due pozzi profondi 6 metri; sul fondo si apre una saletta con grossi massi seguita da un corto meandro che si affaccia con un salto di circa 2 metri, che a sua volta precede l'ultimo pozzo, il secondo P. 6.
Si giunge in tal modo ad uno stretto ed alto meandro, sulle cui pareti si possono osservare grossi cristalli di gesso geminati a ferro di lancia. Proseguendo, la volta si abbassa fino a raggiungere un'ultima curva che sulla destra immette nel passaggio significativamente denominato da Mornig "Penitenza" (punto 29 ril.): si tratta di un cunicolo ad andamento sinuoso, a sezione ellittica, alto circa 35-40 cm e largo mezzo metro, vero e proprio condotto singenetico che venne scavato dalle acque convogliate dalla serie di pozzi della "Via normale". La singolare morfologia - uno dei non comuni esempi di speleogenesi in ambiente impropriamente definito "freatico" (Sauro et al., 1995) nei gessi emiliano-romagnoli, sembra essere stata condizionata dalla presenza di litoclasi, oltre che dalla già ricordata impossibilità pratica del carsismo nelle rocce gessose di spingersi sotto la zona di saturazione. In questo caso non sembra infatti ci si trovi in presenza di una forma "pseudo-freatica" - ossia modificata da processi paragenetici - come le gallerie sub-circolari ed i canali di volta, che secondo Forti (1991) in realtà non si sono sviluppati in zona "freatica", ma sono tratti di grotta evolutisi in zona vadosa che, per motivi strutturali o idrodinamici locali, anche per lunghi periodi sono stati completamente allagati.
Nel "Passaggio della penitenza" si avverte distintamente una corrente d'aria, di debole intensità prima che fosse aperto il collegamento con l'Abisso Garibaldi, ma ora talvolta anche forte.
Superata la strettoia, si avanza in leggera discesa fino all'innesto della "Via ignota", posto sulla sinistra (punto 36 ril.) e si procede poi percorrendo un nuovo meandro, al quale segue una galleria inizialmente comoda e asciutta, ma interrotta dopo una quarantina di metri da una frana di consistenti dimensioni. La si supera risalendola frontalmente e discendendo poi in uno stretto ambiente il quale, dopo pochi metri, immette in una saletta delimitata da grossi massi di gesso tra i quali è necessario infilarsi, sulla sinistra, per proseguire.
Percorsi pochi metri si raggiunge l'unica acqua canalizzata della grotta, che sgorga da una fenditura alla base della parete di sinistra (punto 61 ril.): si tratta dell'innesto del cunicolo che collega l'Abisso Garibaldi all'Abisso Fantini.
Si segue ora il corso del ruscello, percorrendo una galleria dal fondo cosparso di ciottoli dalle dimensioni eterogenee e dal cui basso soffitto pende, fino a lambire le acque, una grande stalattite purtroppo deturpata da qualche speleologo poco rispettoso. Si giunge ad un punto in cui il rigagnolo defluisce fra altri blocchi di gesso in frana, ma è possibile evitare un bagno deviando in un diverticolo che sulla destra aggira l'ostacolo ed immette immediatamente nella saletta caratterizzata da spessi riempimenti di argilla, per oltre cinquant'anni considerata il terminale dell'Abisso ("Fondo Mornig", punto 80 ril.) in quanto le acque canalizzate scomparivano in fessure ritenute impraticabili fino ai lavori di disostruzione eseguiti ad iniziare dal 1987.
Da qui il percorso si fa, in genere, più difficile, soprattutto per la presenza di numerose strettoie, mai estreme, ma spesso bagnate.
Superata una galleria in frana si procede lungo uno scomodo cunicolo percorso dal torrente e reso impegnativo da alcune strettoie. Più oltre si giunge ad una condotta dal fondo cosparso di massi, dove si procede carponi. Lasciato il torrente, che scompare in una stretta fenditura (punto 103 ril.), si supera, dopo qualche metro, una strettoia e si giunge ad una galleria fossile comodamente percorribile. Procedendo lungo la stessa, si torna sul torrente che esce da una fessura sulla destra (punto 114 ril.). Immediatamente la volta si abbassa, la galleria resta larga alcuni metri, ma si deve procedere strisciando. Da notare la presenza di un esile rivolo d'acqua che subito si immette nel torrente principale (punto 118 ril.); la relativa vicinanza, in pianta, con la ''Grotta del parcheggio'' fa supporre un nesso con questa piccola cavità.
Superata una strettoia, resa particolarmente sgradevole dalla presenza di acqua, si prosegue più comodamente fino alla saletta terminale, dove il torrente scompare tra i massi (punto133 ril.). Da qui è stata effettuata una risalita con l'uso del palo telescopico. Superati due camini ed alcuni brevi salti si giunge ad una condotta con aria (ingresso basso) che progressivamente si restringe fino a chè un grosso masso impedisce il passaggio (punto 213 ril.). Non è da escludere un collegamento con un pozzo in frana, disostruito per alcuni metri ed ubicato nella dolina subito a sud dell'Abisso Faenza.
"Via Ignota"
Fu così chiamata perché, prima dell'esplorazione effettuata nel 1956 dal G.S. Faentino, nessuno l'aveva mai percorsa. Questo ramo, almeno nella parte iniziale comprendente i primi due pozzi, è interessato da un intenso stillicidio; in passato comunque la circolazione idrica doveva essere molto più intensa, essendo responsabile tra l'altro della ablazione delle intercalazioni argillose da cui sembra abbia avuto origine buona parte del fango allo stato colloidale. Ad eccezione del tratto terminale non è in atto alcun processo di concrezionamento. In pianta si presenta come un grande arco che si protende dapprima a N e quindi volge a E per congiungersi infine alla "Via normale". Inizia pochi metri prima della serie di pozzi di quest'ultima con una galleria abbastanza larga ed alta in leggera salita, cui segue un ripidissimo scivolo che dà accesso ad un'ampia sala (punto 142 ril.), da dove si prosegue in forte discesa.
Dopo un primo salto di pochi metri, superabile con l'aiuto di un cordino, si percorre una fenditura alta ma stretta e sinuosa, il cui pavimento è invaso da fango liquido. Seguono due pozzi, il primo dei quali profondo m 8 è diaframmato da uno sperone di roccia; sul fondo si decantano le acque di percolazione e su un lato una stretta fenditura che si apre a foggia di finestra immette al pozzo successivo. Quest'ultimo, profondo m 15, ha la morfologia di un cilindro perfettamente verticale, dalle pareti levigatissime; alla sua base l'acqua scorre con difficoltà incanalandosi in una frattura. Da questo punto la grotta diviene perfettamente asciutta.
Segue una lunga fenditura e dopo un ripido salto (punto 159 ril.) che si scende preferibilmente con l'aiuto di una corda, inizia un meandro molto alto e stretto, le cui pareti sono incrostate da cristalli di selenite e da efflorescenze di gesso botroidale. Il meandro si restringe e si abbassa progressivamente fino a trasformarsi in un budello, in origine incredibilmente angusto e perciò estremamente impegnativo, ma oggi reso artificialmente più agevole (punto 165 ril.), che mediante uno strettissimo passaggio immette in un cunicolo che si collega alla "Via normale" (punto 36 ril.).
Giampaolo Costa
Roberto Evilio
Piero Lucci Scheda d'armo
ZONA | NOTE |
Via normale (-6); (-3); -17; -10; (-8); -6; (-4); -6. | Tra parentesi i tratti verticali percorribili anche senza l'aiuto della corda. |
Via ignota (-6); -8; -15; (-10). Risalita sul fondo +9; +10; +4. |
All'inizio degli anni Trenta Luigi Fantini individua l'ingresso ed esplora i primi metri della cavità che in seguito prenderà il suo nome.
Nel 1934 Giovanni Bertini Mornig raggiunge il fondo a -100.
Nel 1956 riprendono le esplorazioni: il G. S. Faentino percorre la ''Via ignota''.
Nel 1972 sempre il G. S. Faentino esplora i primi metri della Grotta a nord dell'Abisso Fantini.
Nel 1987 il G. S. Faentino forza il punto estremo raggiunto da Mornig nell'Abisso Fantini avanzando per circa 50 metri.
Nel 1988 lo Speleo GAM, allargata la stretta diaclasi sul fondo della Grotta a nord dell'Abisso Fantini, esplora 400 metri di nuovi ambienti che, nello stesso anno, collega all'Abisso Fantini.
L'anno seguente, sempre lo Speleo GAM, esplora altri 300 metri di nuove gallerie a partire dal limite raggiunto nel 1987 dal G. S. Faentino. Rilevo 1
Lat:44.22388889N Lon:11.74277778E Datum:WGS84
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