Nome
Abisso Piero Peroni (Buco Grande)
Data inserimento
2007-01-01 00:00:00
Data ultimo aggiornamento
2005-12-20 14:57:33
Itinerario di accesso Dalla provinciale Monticino-Limisano si imbocca la strada per Castelnuovo e, giunti alla sterrata che conduce alla chiesetta omonima, si scende costeggiando il lato sinistro della grande dolina sul cui fondo si apre la grotta.
Descrizione Cavità molto bella sotto tutti i punti di vista, è stata dedicata a Primo Peroni, uno dei fondatori del Gruppo Speleologico Faentino e pioniere dell'escursionismo nell'Appennino romagnolo, scomparso nel 1978: assieme al non lontano Abisso Mornig costituisce il tassello fondamentale nel mosaico del bacino del Rio Cavinale. La presenza di una spettacolare verticale unica di 38 m, di una galleria percorsa dal torrente e di sale di notevoli dimensioni nella parte fossile, fanno del Peroni una grotta dagli ambienti diversificati e assai remunerativa per ripetizioni anche a scopo didattico, oltre che costituire un compendio di morfologie carsiche da manuale. Dal punto di vista esplorativo la grotta è ben lontana dall'aver svelato tutto e poco noti risultano inoltre gli aspetti geologici e speleogenetici oltre che (ma questa è praticamente la regola per tutto il sottosuolo della Vena) quelli faunistici: infatti a parte poche osservazioni frammentarie e relative a troglofili e troglosseni (vedasi infra) ,buio totale v'è invece sui troglobi.
Solo la grande dolina di accesso è nota da sempre: anche Mornig ci aveva messo il naso nel â€ËÅ“34, battezzando Buco Grande di Castelnuovo l'inghiottitoio intasato che si trova al suo fondo. Per la storia esplorativa dell'abisso bisognerà attendere altri 51 anni e la relativa disostruzione a suon di Makita, ma soprattutto di mazzetta e di tanti secchi di detriti rimossi.
Schematicamente la grotta si può dividere nelle tre parti sopra elencate: pozzo iniziale, galleria attiva e rami fossili.
Il pozzo è accessibile tramite una strettoia significativamente denominata ''buca da lettere '', un tempo molto selettiva (recenti allargamenti ne hanno di molto diminuito la severità ), che fa seguito ad un cunicolo, in ripida discesa, interamente liberato dai detriti con la lunga opera di scavo del G.S. Faentino nell'estate 1985. Dopo i primi metri di esigue dimensioni ci si ferma su lame gessose (frazionamento) dopodiché il pozzo si allarga, spettacolarmente, a campana, interrotto solo da una cengetta terrosa a circa mezza altezza. La sezione basale del pozzo ha un'area di varie decine di metri quadrati, che contrasta nettamente con lo stretto pertugio superiore. Tale morfologia ''a campana ''è tipica dei cosiddetti ''pozzi a cascata '', scavati dall'acqua che precipitava da un livello superiore (fondo dolina) ad uno inferiore, costituito dal corso d'acqua ipogeo del complesso carsico Fantini - Mornig – Peroni – Cavinale. L'atterraggio è nel letto del rio (punto 5 ril.) , che si inoltra verso valle con una bella galleria percorribile senza difficoltà fino alla strettoia terminale, sifonante in caso di piena e adorna di curiosi concrezionamenti policromi (punto 28 ril.). L'avanzamento è precluso dalle dimensioni della strettoia ; peraltro dopo pochissimi metri si sbucherebbe nella Grotta Risorgente del Rio Cavinale come dimostrato nella giunzione "a vista" del 6 luglio 1986. Un vero collegamento, fisico e materiale, è da escludersi perché richiederebbe la completa demolizione dei concrezionamenti; tra l'altro esso non consentirebbe comunque la traversata fra le due grotte per via della presenza perenne di acqua.
Da notare circa a metà percorso della galleria gli ambienti ascendenti sulla sinistra idrografica, costituiti da un maestoso salone inclinato, con chine detritiche alla cui sommità parte il ramo "Cazzarola", risalito in libera nel primo tratto e poi con staffe per oltre 20 metri negli anni '86 e '87; sale con andamento elicoidale e con meravigliose forme di erosione e corrosione sulle pareti fino ad un "cul de sac" sommitale (punto C 6 ril.).
Verso monte, invece, la galleria, dopo essersi allargata nel "campo base" (luogo di attese per salire il pozzo) forma un lungo salone meritevole di ulteriori indagini geomorfologiche: crolli più o meno antichi devono essersi aggiunti a fenomeni di erosione fluviale di cui restano tracce anche ad una certa altezza. Il vasto ambiente è ispezionabile anche in alto, tramite passaggi in roccia, cengette e terrazzi che portano anche di fronte al pozzo. Il salone di crollo , diretto SW – NE , attraversa almeno quattro potenti banchi gessosi, cosa che ha permesso di verificare il ruolo primario che nella sua formazione hanno avuto le dislocazioni e le famiglie di fratture ad esse legate ( vedasi infra : '' Inquadramento geologico'').
Il torrente, come noto, proviene da un sifone (punto M 9 ril), superato dopo disostruzione solo recentemente (1998), oltre il quale si sviluppa per oltre 180 m un nuovo ramo verso l'Abisso Mornig, con andamento SE.
L'abbassamento artificiale delle acque del sifone ha permesso di proseguire in una condotta di una decina di metri percorribile carponi fino ad un altro passaggio allagato; anche qui una canalizzazione artificiale ha consentito il parziale svuotamento del cunicolo. Si oltrepassano i due metri di umida condotta (Strettoia CicciObeso), dove la forte corrente d'aria fa capire che il "Mornig" è vicino, e si sbuca in una sala con ampie vaschette concrezionata sul letto del torrente.
Seguono altre sale anch'esse concrezionate sia su pavimento sia sulle pareti, poi il ramo cambia aspetto: ora diventano più frequenti le frane e più volte si è costretti a strisciare sull'acqua. In quest'alternanza di salette, frane e strettoie si arriva al terminale (?) dove un basso laminatoio per il momento non permette di arrivare al "Mornig", distante circa 30 m.
Dal "campo base", con una serie di tortuosi passaggi a fianco del pozzo, si perviene invece ad una specie di condotta con tracce di paleo-scorrimenti idrici e da qui al primo di una serie di saloni. Una bella parete a sinistra, rivestita in cristalli di gesso, mostra caratteristiche scanalature verticali, mentre proseguendo a destra si perviene agli ambienti di crollo. L'ultimo di questi ospita la curiosa "dolina interna", scavata in un potente deposito di sabbie, ghiaie e ciottoli e che inghiotte le acque periodicamente provenienti del ramo di Ca' Torre (punto D 0 ril.). Quest'ultimo è un basso cunicolo a destra della dolina, percorribile per breve tratto strisciando tra i ciottoli e proveniente dall'Inghiottitoio omonimo, scoperto nel â€ËÅ“63 dal G.S.Faentino e disceso, allora, fino al terminale di posto alla profondità di m 16 costituito da un "tappo" di argille e detriti.
Sotto la "dolina interna" si apre un pozzetto e quindi un ramo che si inabissa restringendosi progressivamente. Dal bordo della dolina verso nord-ovest ci si immette invece in un altro ramo attivo discendente (il "Lipostabil") che dopo due pozzetti termina su un piccolo sifone, interpretato come livello di base (punto L 11 ril..
Poiché sia il ramo della dolina interna, sia il ''Lipostabil'' risultano allagarsi completamente (lo dimostrano i livelli di piena, recenti, osservabili in entrambi) ci si è posti il problema di quale sia il loro bacino imbrifero , che non pare spiegabile con il solo, limitato apporto di Ca' Torre. Tra l'altro pare che il secondo (''Lipostabil'') possa ricevere acqua solo previo totale allagamento del primo, che altrimenti cattura a monte tutta l'acqua di Ca' Torre. L'ipotesi insomma , suggestiva ma finora non provata , sarebbe che una volta riempitasi la dolina interna le acque tracimino riversandosi nel ''Lipostabil''.
A complicare il tutto esiste un terzo ramo, anch'esso discendente ma del tutto fossile (tratto P 1 - P 7 ril.), che inizia sempre dalla sala della dolina interna e si dirige verso sud (opposto quindi al ''Lipostabil'') inoltrandosi sotto i grandi saloni di crollo. Esso appare come un paleo-corso, con tratti a condotta forzata e pendenti pseudostalattici indicatori di ambiente completamente riempito di sedimenti alluvionali; solo in alcuni tratti i fenomeni di crollo hanno alterato l'originaria morfologia comunque riconoscibile come freatica.
L'Abisso Peroni è certamente tra le grotte romagnole più meritevoli di indagini speleogenetiche, anche per suffragare le ipotesi fin qui esposte che vanno intese come del tutto preliminari.
Sandro Bassi Scheda d'armo
Altro,note
Esplorazioni
Giovanni Bertini Mornig: 1934.
Gruppo Speleologico Faentino: 1985; 1998 - 1999.
Rilievi
Giovanni Bertini Mornig: 1934.
Gruppo Speleologico Faentino: 1985; 1998 - 1999.
Rilevo 1
Rilievo 2
Rilievo 3
Tipo di cavità
grotta
Stato
Italy
Provincia
257
Comune
Brisighella
Località
Castelnuovo
Numero catastale
ER RA 627
Sviluppo totale
1500
Dislivello
-53 m
Longitudine
11° 44' 00" 42 E
Latitudine
44° 14' 06" 87 N
Quota
altimetrica: m 211 cartografica: m 219
Cartografia
Carta C.T.R. 1:5000: 239131-Vespignano
Geologia
Area carsica: VDGRCItinerario di accesso Dalla provinciale Monticino-Limisano si imbocca la strada per Castelnuovo e, giunti alla sterrata che conduce alla chiesetta omonima, si scende costeggiando il lato sinistro della grande dolina sul cui fondo si apre la grotta.
Descrizione Cavità molto bella sotto tutti i punti di vista, è stata dedicata a Primo Peroni, uno dei fondatori del Gruppo Speleologico Faentino e pioniere dell'escursionismo nell'Appennino romagnolo, scomparso nel 1978: assieme al non lontano Abisso Mornig costituisce il tassello fondamentale nel mosaico del bacino del Rio Cavinale. La presenza di una spettacolare verticale unica di 38 m, di una galleria percorsa dal torrente e di sale di notevoli dimensioni nella parte fossile, fanno del Peroni una grotta dagli ambienti diversificati e assai remunerativa per ripetizioni anche a scopo didattico, oltre che costituire un compendio di morfologie carsiche da manuale. Dal punto di vista esplorativo la grotta è ben lontana dall'aver svelato tutto e poco noti risultano inoltre gli aspetti geologici e speleogenetici oltre che (ma questa è praticamente la regola per tutto il sottosuolo della Vena) quelli faunistici: infatti a parte poche osservazioni frammentarie e relative a troglofili e troglosseni (vedasi infra) ,buio totale v'è invece sui troglobi.
Solo la grande dolina di accesso è nota da sempre: anche Mornig ci aveva messo il naso nel â€ËÅ“34, battezzando Buco Grande di Castelnuovo l'inghiottitoio intasato che si trova al suo fondo. Per la storia esplorativa dell'abisso bisognerà attendere altri 51 anni e la relativa disostruzione a suon di Makita, ma soprattutto di mazzetta e di tanti secchi di detriti rimossi.
Schematicamente la grotta si può dividere nelle tre parti sopra elencate: pozzo iniziale, galleria attiva e rami fossili.
Il pozzo è accessibile tramite una strettoia significativamente denominata ''buca da lettere '', un tempo molto selettiva (recenti allargamenti ne hanno di molto diminuito la severità ), che fa seguito ad un cunicolo, in ripida discesa, interamente liberato dai detriti con la lunga opera di scavo del G.S. Faentino nell'estate 1985. Dopo i primi metri di esigue dimensioni ci si ferma su lame gessose (frazionamento) dopodiché il pozzo si allarga, spettacolarmente, a campana, interrotto solo da una cengetta terrosa a circa mezza altezza. La sezione basale del pozzo ha un'area di varie decine di metri quadrati, che contrasta nettamente con lo stretto pertugio superiore. Tale morfologia ''a campana ''è tipica dei cosiddetti ''pozzi a cascata '', scavati dall'acqua che precipitava da un livello superiore (fondo dolina) ad uno inferiore, costituito dal corso d'acqua ipogeo del complesso carsico Fantini - Mornig – Peroni – Cavinale. L'atterraggio è nel letto del rio (punto 5 ril.) , che si inoltra verso valle con una bella galleria percorribile senza difficoltà fino alla strettoia terminale, sifonante in caso di piena e adorna di curiosi concrezionamenti policromi (punto 28 ril.). L'avanzamento è precluso dalle dimensioni della strettoia ; peraltro dopo pochissimi metri si sbucherebbe nella Grotta Risorgente del Rio Cavinale come dimostrato nella giunzione "a vista" del 6 luglio 1986. Un vero collegamento, fisico e materiale, è da escludersi perché richiederebbe la completa demolizione dei concrezionamenti; tra l'altro esso non consentirebbe comunque la traversata fra le due grotte per via della presenza perenne di acqua.
Da notare circa a metà percorso della galleria gli ambienti ascendenti sulla sinistra idrografica, costituiti da un maestoso salone inclinato, con chine detritiche alla cui sommità parte il ramo "Cazzarola", risalito in libera nel primo tratto e poi con staffe per oltre 20 metri negli anni '86 e '87; sale con andamento elicoidale e con meravigliose forme di erosione e corrosione sulle pareti fino ad un "cul de sac" sommitale (punto C 6 ril.).
Verso monte, invece, la galleria, dopo essersi allargata nel "campo base" (luogo di attese per salire il pozzo) forma un lungo salone meritevole di ulteriori indagini geomorfologiche: crolli più o meno antichi devono essersi aggiunti a fenomeni di erosione fluviale di cui restano tracce anche ad una certa altezza. Il vasto ambiente è ispezionabile anche in alto, tramite passaggi in roccia, cengette e terrazzi che portano anche di fronte al pozzo. Il salone di crollo , diretto SW – NE , attraversa almeno quattro potenti banchi gessosi, cosa che ha permesso di verificare il ruolo primario che nella sua formazione hanno avuto le dislocazioni e le famiglie di fratture ad esse legate ( vedasi infra : '' Inquadramento geologico'').
Il torrente, come noto, proviene da un sifone (punto M 9 ril), superato dopo disostruzione solo recentemente (1998), oltre il quale si sviluppa per oltre 180 m un nuovo ramo verso l'Abisso Mornig, con andamento SE.
L'abbassamento artificiale delle acque del sifone ha permesso di proseguire in una condotta di una decina di metri percorribile carponi fino ad un altro passaggio allagato; anche qui una canalizzazione artificiale ha consentito il parziale svuotamento del cunicolo. Si oltrepassano i due metri di umida condotta (Strettoia CicciObeso), dove la forte corrente d'aria fa capire che il "Mornig" è vicino, e si sbuca in una sala con ampie vaschette concrezionata sul letto del torrente.
Seguono altre sale anch'esse concrezionate sia su pavimento sia sulle pareti, poi il ramo cambia aspetto: ora diventano più frequenti le frane e più volte si è costretti a strisciare sull'acqua. In quest'alternanza di salette, frane e strettoie si arriva al terminale (?) dove un basso laminatoio per il momento non permette di arrivare al "Mornig", distante circa 30 m.
Dal "campo base", con una serie di tortuosi passaggi a fianco del pozzo, si perviene invece ad una specie di condotta con tracce di paleo-scorrimenti idrici e da qui al primo di una serie di saloni. Una bella parete a sinistra, rivestita in cristalli di gesso, mostra caratteristiche scanalature verticali, mentre proseguendo a destra si perviene agli ambienti di crollo. L'ultimo di questi ospita la curiosa "dolina interna", scavata in un potente deposito di sabbie, ghiaie e ciottoli e che inghiotte le acque periodicamente provenienti del ramo di Ca' Torre (punto D 0 ril.). Quest'ultimo è un basso cunicolo a destra della dolina, percorribile per breve tratto strisciando tra i ciottoli e proveniente dall'Inghiottitoio omonimo, scoperto nel â€ËÅ“63 dal G.S.Faentino e disceso, allora, fino al terminale di posto alla profondità di m 16 costituito da un "tappo" di argille e detriti.
Sotto la "dolina interna" si apre un pozzetto e quindi un ramo che si inabissa restringendosi progressivamente. Dal bordo della dolina verso nord-ovest ci si immette invece in un altro ramo attivo discendente (il "Lipostabil") che dopo due pozzetti termina su un piccolo sifone, interpretato come livello di base (punto L 11 ril..
Poiché sia il ramo della dolina interna, sia il ''Lipostabil'' risultano allagarsi completamente (lo dimostrano i livelli di piena, recenti, osservabili in entrambi) ci si è posti il problema di quale sia il loro bacino imbrifero , che non pare spiegabile con il solo, limitato apporto di Ca' Torre. Tra l'altro pare che il secondo (''Lipostabil'') possa ricevere acqua solo previo totale allagamento del primo, che altrimenti cattura a monte tutta l'acqua di Ca' Torre. L'ipotesi insomma , suggestiva ma finora non provata , sarebbe che una volta riempitasi la dolina interna le acque tracimino riversandosi nel ''Lipostabil''.
A complicare il tutto esiste un terzo ramo, anch'esso discendente ma del tutto fossile (tratto P 1 - P 7 ril.), che inizia sempre dalla sala della dolina interna e si dirige verso sud (opposto quindi al ''Lipostabil'') inoltrandosi sotto i grandi saloni di crollo. Esso appare come un paleo-corso, con tratti a condotta forzata e pendenti pseudostalattici indicatori di ambiente completamente riempito di sedimenti alluvionali; solo in alcuni tratti i fenomeni di crollo hanno alterato l'originaria morfologia comunque riconoscibile come freatica.
L'Abisso Peroni è certamente tra le grotte romagnole più meritevoli di indagini speleogenetiche, anche per suffragare le ipotesi fin qui esposte che vanno intese come del tutto preliminari.
Sandro Bassi Scheda d'armo
ATTACCO | NOTE |
P 38 | da discendere su scala |
P 5 (dolina interna), P 5, P 7 ("Lipostabil") | da discendere su scala |
Giovanni Bertini Mornig: 1934.
Gruppo Speleologico Faentino: 1985; 1998 - 1999.
Rilievi
Giovanni Bertini Mornig: 1934.
Gruppo Speleologico Faentino: 1985; 1998 - 1999.
Rilevo 1
Rilievo 2
Rilievo 3
Lat:44.235N Lon:11.73333333E Datum:WGS84
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